Qual è la differenza tra chatbot e agenti AI? Mentre stiamo ancora digerendo la parola “LLM” ci troviamo davanti all’ennesima buzzword e una nuova tecnologia da implementare.

Nel suo recente discorso al CES 2025, il CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha definito come “next giant AI application”, ovvero la prossima grande applicazione dell’AI, prevedendo che rappresenterà un’opportunità da migliaia di miliardi di dollari. Huang ha descritto gli agenti AI come una “forza lavoro digitale” in grado di rivoluzionare vari settori, grazie alla loro autonomia che consente alle aziende di operare senza l’intervento umano.  

Ma cosa sono gli Agenti AI? Qual è la differenza tra chatbot e agenti AI?  Ne abbiamo parlato nel corso dell recente webinar Athics “Rivoluzione AI Agents” in compagnia di Riccardo Petricca – Innovation Manager & Cybersecurity Expert e Docente di Intelligenza artificiale presso la Pontificia Università Antonianum, Luca Sambucci – Membro del board industriale AIxIA (Associazione Italiana Intelligenza Artificiale), Pierluigi Sandonnini – Giornalista e Senior Web Editor Nextwork360.

Cosa sono gli agenti AI? 

Come spiega Luca Sambucci: “Un Agente AI è un sistema autonomo capace di ricevere input, prendere decisioni e agire di conseguenza. Per farlo, deve interagire con altri sistemi aziendali o con altri agenti.

Il cuore degli agenti AI moderni è un LLM avanzato in grado di ragionare. Quando gli forniamo una memoria per gestire passaggi intermedi, le sue capacità si ampliano enormemente: può inviare e-mail, modificare documenti, accedere a database e aggiornare le informazioni sui clienti dopo ogni interazione.

Un agente AI può persino segnalare autonomamente un’opportunità all’ufficio vendite o prendere iniziative strategiche, andando ben oltre la semplice interazione domanda-risposta tipica di un chatbot. Gli agenti AI non si limitano a rispondere, ma agiscono. Ecco perché parliamo di “intelligenza artificiale che fa cose”.

La differenza tra chatbot e agenti ai: Quando i nostri Agenti AI erano “semplici” chatbot

Per spiegare la differenza tra chatbot e agenti AI facciamo un passo indietro. Prima che il termine “agenti AI” diventasse di uso comune, alcuni chatbot avanzati già possedevano caratteristiche oggi attribuite agli agenti AI. 

Il chatbot di prevendita Gea, sviluppato con Crafter.ai per Sorgenia e in produzione dal 2020, oltre a prendere in carico e gestire in autonomia le richieste dei clienti, svolge attività dispositive come il recupero di dati cliente, l’invio a CRM, il calcolo di preventivi e l’interazione con un operatore umano quando necessario. 

Come spiegato da Luca Sambucci, l’ulteriore passo compiuto dalla tecnologia è nella capacità di autonomia e di ragionamento resa possibile dal LLM e dall’architettura che si costruisce intorno.

Il ruolo di chatbot e Agenti AI nelle aziende

chatbot e agenti AI webinar

Come riportato da Riccardo Petricca non mancano già i risultati in ambito organizzativo: Microsoft ha registrato un aumento del 9,4% delle vendite grazie all’utilizzo di agenti AI nel team commerciale e il 25% in più di accordi grazie a un agente AI personalizzato di assistenza agli acquirenti.

Gartner prevede che nel 2028 il 15% delle decisioni aziendali sarà presa da agenti AI.

Secondo i dati condivisi da Pierluigi Sandonnini, le grandi aziende come Microsoft, Johnson & Johnson, eBay e Moody’s stanno già integrando gli agenti AI nei loro processi:

  • Johnson & Johnson utilizza agenti AI per velocizzare la scoperta di nuovi farmaci.
  • Moody’s ha sviluppato un ecosistema multi-agente per effettuare analisi finanziarie avanzate 
  • eBay impiega agenti AI per generare codice e creare campagne di marketing.

Questi esempi dimostrano la differenza tra chatbot e agenti AI, dove questi ultimi portano a un miglioramento dell’efficienza e della produttività, riducendo i tempi di lavoro e ottimizzando i processi decisionali.

Sfide e rischi: sicurezza e bias

L’implementazione di agenti AI non è esente da rischi.  Le grandi aziende hanno già compreso la differenza tra chatbot e agenti AI, sanno  bene cosa fare e hanno il budget per muoversi. Le aziende più innovative, o magari i dipendenti più curiosi, si “buttano” e iniziano a sperimentare. Tutto questo però espone al rischio di tralasciare gli aspetti di sicurezza anche più banali, come quelli legati all’upload di documenti riservati su ChatGPT.

Possiamo veramente scaricare OpenAI e iniziare a creare il nostro agente AI personale o c’è bisogno di qualche accortezza?

Come specificato da Riccardo Petricca tra le principali criticità emergono:

  • Privacy e sicurezza dei dati: l’uso improprio di sistemi come OpenAI può esporre le aziende a fughe di informazioni riservate.
  • Attacchi informatici: tecniche come il prompt injection possono manipolare l’AI inducendola a generare output indesiderati.
  • Bias nei modelli AI: i modelli di intelligenza artificiale non sono privi di errori e possono riflettere pregiudizi presenti nei dati con cui sono stati addestrati.

Per mitigare questi problemi, le aziende devono adottare strategie di AI governance, investire in formazione per il personale e affidarsi a fornitori affidabili che garantiscano un ambiente controllato.

Secondo Luca Sambucci, l’AI rappresenta una nuova superficie di attacco, introducendo minacce completamente inedite. Tra queste, il prompt injection, un attacco basato sulla semantica che può indurre un LLM a rivelare informazioni riservate che non dovrebbe condividere.

Uno dei problemi più critici emersi con l’adozione di ChatGPT è la tendenza dei dipendenti a caricare documenti aziendali sensibili senza le dovute precauzioni. Solo ora i team di sicurezza stanno iniziando a occuparsi del problema, ma esiste un enorme gap di competenze, e il tempo per colmarlo è limitato.

Affrontare queste sfide richiede un cambio di mentalità e la collaborazione con partner affidabili, capaci di garantire sicurezza e protezione in un panorama in continua evoluzione.

L’impatto sul lavoro e la necessità di nuove competenze

Secondo i dati condivisi da Pierluigi Sandonnini, entro il 2025 il 50% della forza lavoro dovrà essere riqualificata (World Economic Forum). Gartner prevede che entro il 2027 l’80% dei lavoratori avrà bisogno di un reskilling per restare competitivo.

Secondo Riccardo Petricca, il percorso verso un reskilling efficace è ricco di ostacoli: le competenze richieste sono sempre più trasversali, spaziando dall’alfabetizzazione AI al pensiero critico, fino alla comprensione dei limiti, bias e rischi della tecnologia.

Le università stanno già rispondendo a questa sfida, introducendo corsi specifici per preparare le nuove generazioni alle professioni emergenti. La Gen Z e la Gen Alpha stanno ridefinendo l’approccio all’apprendimento: il 60% degli studenti preferisce corsi STEM con moduli di AI, e oltre il 45% partecipa a progetti AI for Good con focus sulla sostenibilità.

Secondo Luca Sambucci, cresce il timore che l’AI possa ridurre il numero di posti di lavoro, ma la realtà è più complessa: alcuni ruoli scompariranno, altri cresceranno. L’avvento degli Agenti AI sta accelerando l’automazione, rendendo evidente la necessità di una riqualificazione costante.

Molti lavoratori non sono pronti a rimettersi sui libri, e la vera domanda è: dove nasceranno questi nuovi lavori e chi li occuperà? Le aziende devono farsi promotrici di questa trasformazione, agevolando l’acquisizione di nuove competenze e incentivando la flessibilità che le nuove tecnologie ci impongono.

Conclusioni

In conclusione, l’evoluzione dai chatbot tradizionali agli agenti AI rappresenta una trasformazione significativa nel panorama dell’intelligenza artificiale. Questi agenti, dotati di autonomia decisionale e capacità di interazione avanzata, stanno rivoluzionando vari settori, offrendo alle aziende strumenti potenti per migliorare l’efficienza operativa e la soddisfazione del cliente.

Tuttavia, l’adozione diffusa degli agenti AI comporta anche sfide rilevanti. Le aziende devono affrontare questioni legate alla sicurezza dei dati, alla privacy e ai potenziali bias nei modelli di intelligenza artificiale. È essenziale implementare strategie di governance dell’AI, investire nella formazione del personale e collaborare con partner affidabili per garantire un utilizzo etico e sicuro di queste tecnologie.

Inoltre, l’integrazione degli agenti AI nel contesto lavorativo richiede una riqualificazione significativa della forza lavoro. Secondo il World Economic Forum, entro il 2025, il 50% dei lavoratori necessiterà di nuove competenze per adattarsi ai cambiamenti introdotti dall’automazione e dall’intelligenza artificiale. Le aziende devono quindi promuovere programmi di formazione continua per preparare i dipendenti alle nuove sfide e opportunità.

In sintesi, mentre gli agenti AI offrono opportunità straordinarie per innovare e ottimizzare i processi aziendali, è fondamentale affrontare con attenzione le implicazioni etiche, di sicurezza e formative associate alla loro implementazione. Solo attraverso un approccio equilibrato e consapevole sarà possibile sfruttare appieno il potenziale di questa rivoluzione tecnologica.