L’intelligenza artificiale al cinema e in TV – L’intelligenza artificiale è stata protagonista dell’immaginario creativo di scrittori e registi sin da tempi non sospetti, quando robot e tecnologia appartenevano esclusivamente al mondo della fantasia, basti pensare che già Omero nell’Iliade narrava di aiutanti metallici, forgiati in oro da Efesto.

Il primo film muto sull’intelligenza artificiale della storia è “Metropolis” di Fritz Lang, pellicola espressionista tedesca del 1927, ambientata in un contesto urbano distopico e futuristico, caratterizzato da forti divisioni di classe, che ritraeva la classe proletaria costretta al continuo lavoro per il mantenimento delle macchine che fornivano acqua e energia alla città, dove farà la sua comparsa Maria, il primo androide dalle sembianze femminili del cinema, incaricata di controllare i malumori degli operai. La pellicola ispirerà in futuro successi come Blade Runner e Guerre stellari.

Successivamente, le rappresentazioni cinematografiche e televisive si sono succedute di pari passo allo sviluppo dell’industria informatica e al contestuale cambiamento della società, disegnando scenari apocalittici, ma anche quadri sentimentali o contesti comici come nella serie televisiva degli anni ’80 Super Vicky, la robottina dalle perfette sembianze di bambina che interpretava alla lettera i comandi umani, suscitando ilarità.

L'intelligenza artificiale al cinema e in TV - Super Vicky
L’intelligenza artificiale in TV – Super Vicky

Robot e tecnologia sono stati tuttavia spesso ricondotti a un’immagine negativa e pericolosa, in grado di prendere il controllo e minacciare gli umani: HAL 9000 in “2001 Odissea nello spazio”, capolavoro di Stanley Kubrick del 1968, è in grado di interpretare ogni singolo movimento umano, fino a ribellarsi per il timore di essere disattivato; in “The Terminator” film di James Cameron del 1984, un cyborg assassino viaggia indietro nel tempo su incarico di una rete di intelligenza artificiale del futuro ribellatasi all’umanità, con l’obiettivo di uccidere la madre del futuro leader del movimento di resistenza in grado di sconfiggere le macchine; in “Matrix” film del 1999 dei fratelli Wachowski, il protagonista scopre che il mondo reale del XXII secolo è in lotta contro macchine dotate di intelligenza artificiale, ribellatesi all’umanità.

I film che si sono soffermati sugli aspetti emozionali e sentimentali hanno invece spesso ricreato ambientazioni di solitudine e alienazione.

Lo vediamo in “AI” di Steven Spielberg dove il bambino robot clonato con fattezze umane soffre terribilmente l’abbandono della madre; ne “L’uomo Bicentenario” interpretato da Robin Williams che viene allontanato dalla famiglia in cui aveva preso servizio e vive nel tempo l’ambivalenza della sua condizione di uomo-macchina e la perdita delle persone a lui care; in “Wall-e” film di animazione Disney del 2009, sul robottino romantico e solitario, in grado di provare emozioni e di innamorarsi; in “Her”, pellicola del 2013, che vede un uomo solo e introverso, allontanarsi così tanto dalle relazioni umane da innamorarsi del sistema operativo OS-1, che gli risulta sempre più intelligente ed empatico.

La serie Netflix Black Mirror del 2011, basata sui risvolti inquietanti e gli effetti collaterali di dispositivi tecnologici e AI, tratta il tema dell’identità virtuale nell’episodio “Torna da me”, in cui una giovane donna rimasta vedova, si affida a un servizio online in grado di ricreare una versione virtuale del marito, attraverso la raccolta dei contenuti dei social network e dei messaggi lasciati in vita dal defunto; nell’episodio “Metalhead”, invece, torna l’immagine dell’AI come forma di intelligenza infallibile, ma inquietante, sotto forma di cani robot che ostinatamente portano avanti la loro missione da terminator, senza mai far tirare il fiato allo spettatore.

La linea di confine tra finzione e realtà

L’intelligenza artificiale al cinema e in Tv – Per quanto sugli schermi l’intelligenza artificiale sia stata spesso rappresentata come negativa e pericolosa, nella vita reale sappiamo bene che le macchine non hanno modo di provare sentimenti e risentimenti e oltremodo non hanno alcuna chance di funzionare, senza l’input umano.

L’inquietudine che trapela dalle rappresentazioni dell’AI nell’immaginario creativo è forse riconducibile al timore che ha l’uomo di se stesso, dal momento che la propria umana intelligenza gli consente di comprendere che gli scenari di guerra, desolazione, inquinamento o la stessa programmazione di androidi con intenti distruttivi, possono soltanto essere concepiti dalla sua stessa mente.

Fuori dall’industria cinematografica si aprono, invece, scenari collaborativi che vedono l’AI impiegata con successo in campo medico, industriale, ingegneristico e militare ed è solo l’uomo ad avere il potere decisionale di impiegarla a fin di bene.

Ad esempio, Pepper il robottino umanoide sviluppato dall’azienda giapponese Softbank e lanciato su mercato nel 2016, è in grado di riconoscere e interpretare le emozioni umane, analizzando espressioni facciali e tono della voce, tanto da essere impiegato come receptionist in alcune aziende nel Regno Unito e in Giappone e in ambito scolastico e accademico nella ricerca dell’interazione uomo-robot. Lo scopo di Pepper è espressamente quello di “consentire alle persone di godersi la vita” facilitandone le relazioni e i contatti. Per quanto altamente sofisticato, tuttavia, non può provare lui stesso emozioni, né attivarsi senza l’uomo.

intelligenza artificiale
Intelligenza artificiale – Il robottino Pepper

Isaac Asimov, padre della letteratura fantascientifica, già negli anni ’40 inventò le “Tre Leggi della Robotica”, che recitano così:

  1. Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
  2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.
  3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

Sul set cinematografico è possibile ovviamente eludere queste come altre leggi, tuttavia, sebbene siano frutto della fantasia, questi principi risultano estremamente razionali nel prevenire le devianze che lo stesso uomo potrebbe favorire e su cui lo stesso Asimov ha forse sentito il bisogno di porre dei limiti nelle sue fantastiche narrazioni.

Fonti:

https://calibremag.com/artificial-intelligence-in-films/

https://unbabel.com/blog/artificial-intelligence-media/

https://www.technologymagazine.com/ai/artificial-intelligence-reality-beyond-movies

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