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L’intelligenza artificiale nel turismo sta rapidamente rivoluzionando il modo in cui viaggiamo, pianifichiamo e interagiamo con le destinazioni. Non si tratta più di una tecnologia lontana, ma di uno strumento concreto utilizzato da agenzie di viaggio, tour operator, piattaforme online e piccole imprese per risparmiare tempo, migliorare l’efficienza e offrire esperienze sempre più personalizzate.

Nel corso del recente webinar Athics “AI e Turismo: Competenze per il Futuro tra Innovazione e Formazione” abbiamo esplorato questa rivoluzione da un punto di vista di nuove tecnologie da adottare e nuove competenze da acquisire, in compagnia di

  • Alice Mazzucchelli, Professore Associato, Università Milano Bicocca & Senior Research Consultant CRIET
  • Raffaello Luly, Founder di Semplicissimo, Esperto di travel tech e Prof. del Master Tourism Strategy and Management dell’Università Milano Bicocca

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Intelligenza Artificiale nel Turismo: scenario

L’adozione di soluzioni di AI generativa e conversazionale è già una realtà nel settore travel. Secondo il report di Amadeus, il 46% dei leader tecnologici del turismo considera l’AI una priorità assoluta, mentre tra le barriere principali vi è la carenza di competenze. Proprio per questo motivo è fondamentale il lavoro accademico di formazione delle nuove figure professionali e di acquisizione di competenze di tipo “soft skills”

intelligenza artificiale nel turismo

Quali sono gli strumenti più gettonati?

Sebbene ci sia ancora chi si limita ad utilizzare l’AI generativa per porre domande in “stile Google”, le aziende stanno iniziando a utilizzare lo strumento in ottica di assistente aziendale, calato sui propri dati e sui propri processi. Il trend in crescita è quello di integrare l’AI come assistente aziendale, ovvero uno strumento personalizzato che lavora su dati e processi interni, anziché su informazioni generiche.

Questa evoluzione si traduce in strumenti sempre più contestualizzati e verticali, tra cui:

  • Chatbot intelligenti addestrati su dati aziendali: assistenti virtuali capaci di rispondere in linguaggio naturale a domande complesse su cataloghi, pacchetti turistici, condizioni di viaggio, regolamenti o promozioni specifiche.
  • Sistemi di generazione automatica di preventivi e itinerari: alimentati da AI generativa, questi strumenti aiutano le agenzie a creare proposte su misura in pochi secondi, migliorando l’efficienza operativa.
  • Motori di raccomandazione personalizzati: suggeriscono destinazioni, esperienze o upgrade in base al comportamento dell’utente e alle sue preferenze, aumentando il tasso di conversione.
  • Analisi predittiva della domanda: utilizzando machine learning, è possibile prevedere i picchi di prenotazione, i flussi turistici e i comportamenti dei viaggiatori, per ottimizzare l’offerta e la gestione delle risorse.
  • AI per il customer service omnicanale: strumenti integrati che rispondono automaticamente a email, messaggi WhatsApp, recensioni o commenti social, con un linguaggio coerente e in linea con il tone of voice aziendale.

Questi strumenti, se ben implementati, non sostituiscono il valore umano ma lo amplificano, permettendo agli operatori del turismo di concentrarsi su attività più strategiche e relazionali. L’intelligenza artificiale, in questo senso, non è solo un tool, ma un vero collega digitale.

Dal saper fare al saper pensare: quale consapevolezza in termini di competenze e ruoli?

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nel turismo non implica semplicemente l’adozione di nuovi strumenti tecnologici, ma richiede un cambiamento più profondo: un’evoluzione delle competenze e una ridefinizione dei ruoli professionali.

Con le parole di Raffaello Luly:

“Il rischio è quello di confondere lo strumento con il musicista. Possedere una chitarra non significa avere le doti di Jimi Hendrix. Allo stesso modo non è sufficiente accedere a ChatGPT per creare un’offerta di valore. Bisogna avere conoscenze e competenze per fare le domande giuste all’AI generativa”.

intelligenza artificiale nel turismo soft skills
Copyright: Raffaello Luly

Questa riflessione mette in luce un aspetto cruciale: l’AI è potente solo se guidata da pensiero critico, conoscenza del contesto e capacità di interpretazione. Non basta “saper fare” in senso tecnico, serve “saper pensare” in modo strategico, creativo e multidisciplinare.

In concreto, ciò significa che le figure professionali del turismo devono acquisire nuove competenze digitali, ma anche sviluppare capacità trasversali come:

  • formulare prompt efficaci e rilevanti;
  • valutare criticamente i contenuti generati dall’AI;
  • integrare le risposte dell’AI nei processi aziendali in modo coerente e distintivo;
  • mantenere il controllo umano sul tono, il messaggio e l’esperienza complessiva offerta al cliente.

Non si tratta quindi solo di imparare a usare una piattaforma, ma di ripensare il proprio ruolo all’interno dell’organizzazione: da operatore esecutivo a curatore dell’esperienza, da gestore di informazioni a orchestratore di processi intelligenti.

In questo nuovo scenario, l’intelligenza artificiale non sostituisce il pensiero umano, ma lo amplifica – a condizione che chi la utilizza sappia guidarla con consapevolezza e visione.

Secondo Alice Mazzucchelli:

La risposta dell’ambito accademico è proprio quella di adattare i percorsi di laurea per intercettare le reali esigenze delle aziende, sviluppando le competenze digitali, ma soprattutto le soft skills trasversali, oggi indispensabili per inserirsi nel mondo del lavoro.

Nelle Università si stanno aggiornando i curricula dei corsi di laurea inserendo moduli di machine learning, prompt ingeneering, design thinking, creative thinking, business data science con l’obiettivo di coniugare competenze manageriali con competenze analitiche aziendali.

Questo per essere in grado di interpretare l’intelligenza artificiale e non solo utilizzarla”.

Come l’AI può valorizzare le competenze umane?

Con le parole di Alice Mazzucchelli:

“La tecnologia non deve essere contrapposta alle competenze umane, ma deve essere uno strumento complementare”. Bisogna valorizzare ciò che l’AI non può replicare, come l’empatia, il pensiero critico, la capacità di interpretazione, la comunicazione interculturale. Tutti elementi che portano valore non solo al mondo del turismo, ma in tutti i settori”.

In sintesi, non basta usare gli strumenti per fare il compitino, ma occorre comprenderne le logiche e l’impatto che queste tecnologie possono avere da un punto di vista sociale ed economico.

Quali sono i profili professionali emergenti?

Da una ricerca di Dell Technology l’85% dei lavori che ci saranno nel 2030, non esiste ancora oggi.

I profili più richiesti che integrano competenze digitali e umanistiche sono i data scientist, gli esperti in sostenibilità, digital marketing con focus su AI e personalizzazione, esperti in user experience.

Nel turismo nello specifico emergono profili di esperti in turismo esperenziale, destination manager che sappiano analizzare i dati, esperti in turismo sostenibile e rigenerativo.

A queste figure di specializzazione potrebbe aggiungersi un ruolo trasversale e di raccordo di “AI Manager” in grado di traghettare l’innovazione in tutti i processi.

In Conclusione: Qual è la competenza umanamente più importante da coltivare?

Nell’era dell’AI, la competenza umana più importante non è saper programmare o utilizzare una piattaforma tecnologica, ma saper interpretare. Come emerso chiaramente nel webinar, le abilità chiave da sviluppare sono lo spirito critico, la capacità di leggere il contesto, l’empatia e la competenza relazionale.

L’intelligenza artificiale è in grado di generare risposte, ma non conosce il “perché” e il “per chi”. È l’intelligenza umana a dare significato, a collocare ogni contenuto nel giusto scenario, a comprendere se una risposta è adatta a un determinato cliente, tono, situazione o valore aziendale. Come è stato sottolineato, l’AI ha bisogno di essere guidata prima, e validata dopo.

Questo implica che, anche nei processi più automatizzati, serve una figura capace di porre le domande giuste, valutare la pertinenza delle risposte e, soprattutto, comprendere l’impatto delle scelte tecnologiche sulle persone. Senza questa supervisione consapevole, il rischio è quello di affidarsi ciecamente a uno strumento potente ma impersonale.

In sintesi, la vera competenza del futuro non è tecnica, ma umana: dare senso all’intelligenza artificiale attraverso la nostra intelligenza emotiva, sociale e critica. Perché la tecnologia è un mezzo, ma il significato lo creiamo noi.

Come implementare l’intelligenza artificiale nel turismo

Per le aziende del settore turistico, l’implementazione dell’automazione basata su AI deve partire da un’analisi chiara degli obiettivi aziendali.

  1. Definire l’obiettivo

    Velocizzare le risposte ai clienti? Migliorare l’analisi dei dati? Ottimizzare la gestione dei preventivi?

  2. Mappare i processi esistenti:

    Capire dove ci sono inefficienze, colli di bottiglia o attività ripetitive.

  3. Esplorare le tecnologie disponibili

    Molte soluzioni sono già “no code”, non richiedono sviluppatori interni e possono essere integrate rapidamente.

  4. Valutare un affiancamento iniziale

    Un confronto con un esperto può aiutare a comprendere cosa offre oggi il mercato e come adattarlo alla propria realtà.

  5. Scegliere strumenti sicuri e scalabili

    Prediligere piattaforme che garantiscano sicurezza dei dati, rispetto della privacy (GDPR compliance) e possibilità di crescita nel tempo.

Le Faq dell’intelligenza artificiale nel turismo

Da dove inizia una PMI turistica per adottare l’AI?

Dal chiarire i propri obiettivi (es. migliorare la risposta al cliente), esplorare gli strumenti disponibili e valutare con un esperto cosa può portare valore alla propria realtà.

Quali strumenti AI sono più utilizzati oggi nel turismo?

ChatGPT e simili sono i più diffusi, ma si stanno affermando anche strumenti di dynamic pricing, analisi predittiva e assistenti virtuali personalizzati.

Quali competenze servono per usare bene l’AI nel turismo?

Oltre alle competenze digitali di base, servono capacità analitiche, interpretazione dei dati e soft skill come empatia e spirito critico.